Il tango - Juan Carlos Cobián: Los Mareados

Juan Carlos Cobián fu il riconosciuto precursore di una rinnovata estetica del tango argentino. Grazie alla sua ammirata opera di pianista, direttore e compositore ispirò un ampliamento espressivo ed esecutivo di enorme rilevanza per tutta la produzione tanghera successiva. Egli rappresentò una delle personalità di maggior peso di quella generazione di musicisti che, a partire dalla seconda metà degli anni '10, contribuirono al passaggio dalle forme ormai troppo anguste del tango delle origini alla ricchezza sentimentale e timbrica che da lì avrebbe informato di sè tanta parte della migliore espressione musicale bonaerense.
Oltre che per la sua opera come direttore ed esecutore, le cui intuizioni furono immediatamente incorporate, strutturate e portate a formale maturazione dai rappresentanti della corrente decareana, Cobián è ricordato come autore di tanghi di bellezza melodica assoluta e di grande impatto emotivo. Il brano che oggi conosciamo come Los Mareados è una delle perle più apprezzate del suo repertorio.

Tradizione ed Evoluzione, due tendenze distinte

Fin dalla fine dell'Ottocento, quando si identificò con maggior sicurezza grazie ai suoi compositori, esecutori ed alle modalità di ballo, il tango andò caratterizzandosi in una costante tensione evolutiva. Il mutamento della concezione esecutiva e compositiva fu il motore insostituibile grazie al quale la musica rioplatense precisò il suo stesso significato, ora grazie a svolte stilistiche e tecniche nettamente identificabili, ora mettendo a frutto la commistione con altre realtà non solo musicali, ed in generale rispecchiando il fluire della società e della storia di cui comunque era espressione.

Un conjuncto ignoto di soli strumenti a corda
(Rondallas) inizio '900

Se si guarda al periodo quasi pionieristico delle origini, usualmente indicato nella forma del tango criollo, non può sfuggire la generale uniformità musicale, soprattutto in ambito esecutivo. Se è vero che al passaggio tra Otto e Novecento sono legate molte composizioni ancora oggi considerate classiche (si pensi ad esempio a El Choclo, El Entrerriano, La MorochaHotel Victoria, Felicia,  El porteñito, tutti titoli risalenti a quell'epoca), è anche vero che esse nacquero da protomusicisti dotati d'intuito e capacità improvvisativa, ma sicuramente non di adeguate conoscenze tecniche musicali. Si trattava sempre di suonatori 'ad orecchio', che verosimilmente continuavano a ripetere i motivi più riusciti delle loro improvvisazioni fino a farne un brano definito. Senza conoscere la scrittura musicale e con scarsa competenza agli strumenti, i pionieri del tango hanno legato il loro nome a brani semplici e, si è detto, eseguiti invariabilmente secondo il medesimo approccio interpretativo, come gli sparuti documenti sonori dell'epoca testimoniano.

La maturazione strumentale e timbrica che contraddistinse i primi quindici anni del Novecento è legata ad una migliore consapevolezza tecnica degli autori e degli interpreti, nonché ai cambiamenti strumentali occorsi in seno ai conjunctos, in primis l'avvento del bandoneon e del pianoforte, grazie a cui il tango, per tanti versi, trovò il suo suono. Con questo periodo il tango entrò in una fase in cui l'approccio istintivo e musicalmente ingenuo dei primi tangheri venne lasciato alle spalle, benchè lungo due direttive distinte: da un lato tenendo ferma quella tradizione nell'ambito di una nuova concezione orchestrale, dall'altro proponendosi come rinnovamento armonicamente ed espressivamente completo dell'esperienza musicale.
Vincente Greco

La configurazione dell'Orquesta Tìpica, come nel 1911 Vincente Greco  decise di chiamare il suo gruppo dedito esclusivamente al repertorio di tango, non fu il frutto di un'intenzione determinata, quanto il risultato in qualche modo incrementale suscitato delle esigenze espressive che si andarono vieppiù ampliando nei primi anni del secolo: nuove modalità interpretative, nuova strumentazione, nuovo timbro temperamentale determinarono questo passaggio fondamentale. Fin da quando Roberto Firpo e Francisco Canaro gettarono le basi della moderna Orquesta di Tango (attorno al 1912/3) si andarono cogliendo, seppur da principio in maniera non così evidente, le due fondamentali tendenze compositive ed esecutive cui si è accennato, tendenze amplificatesi e precisatesi man mano, cui saranno debitori tutti i numerosi sottogeneri sorti nella storia del tango.
Orquesta Eduardo Arolas

Una prima tendenza, di cui peraltro gli stessi Firpo e Canaro rimarrano gli interpreti più fedeli, è figlia diretta del tango primitivo, certamente filtrato da una maggiore perizia tecnica e da una qualità esecutiva assai superiore. Indicato anche tango de corte milonga, è lo stile che custodisce la radice più schiettamente criolla della musica rioplatense, ovvero il suo carattere maggiormente legato alle periferie ed alle suggestioni della milonga. Si tratta di un approccio distintivo che, a ben vedere, i rappresentanti della cosiddetta guardia vieja custodiranno senza sostanziali aggiornamenti anche nei decenni successivi.

La seconda tendenza è quella di più chiara ispirazione melodica, influenzata da tradizioni europee - francesi in particolare - e volta ad innestare nel tango una certa vena romantica a scapito della dittatura esercitata dall'affilato battito milonghero. All'attenzione per il fatto ritmico del tango va affiancandosi quindi una cura del fatto espressivo, fino a quel momento del tutto trascurato.

Questa biforcazione fu di massima importanza per l'intera storia del tango, se è vero che le due correnti non si reincontrarono mai, se non perdendo ciascuna il proprio carattere essenziale. Tutto ciò che seguì fu influenzato dalla vicinanza con l'una o l'altra corrente sia da un punto di vista compositivo che esecutivo.
Gli strumentisti e gli autori della tendenza tradizionalista ritennero il tango sostanzialmente inalterabile quanto a semplicità melodica e modalità di marcazione, sempre tutta interna alla tonalità ed in qualche modo inesorabile pilastro portante della loro produzione.
Agustin Bardi
La tendenza evoluzionista si andò invece caratterizzando nel ritenere il continuo rinnovamento come il cuore della propria musica, soprattutto tramite l'attenzione all'aspetto armonico delle composizioni e delle esecuzioni. Lungo questa linea si andò sviluppando una produzione ricca di sfumature ed espressività, che di lì a poco avrebbe trovato pieno dispiegamento nell'opera di Julio De Caro e della sua scuola.

Bisogna sottolineare come gli anni attorno al 1917 fossero generalmente dinamici e gravidi di novità per la musica del tango. Accanto al rinnovamento strumentale, compositivo ed esecutivo dei promotori di quella tendenza denominata tango romanza, come Cobián ed Enrique Delfino, altri importanti musicisti tentavano vie diverse e, per l'epoca, d'avanguardia. Proprio nel 1917 vennero alla luce due brani come Moñito di Eduardo Arolas e Gallo Ciego di Agustin Bardi, carichi di idee molto in anticipo per i tempi. Sempre in quell'anno, infine, Carlos Gardel esordì presso il Teatro Empire di Buenos Aires con Mi noche triste, considerato il primo tango cancion, che diverrà il suo esordio discografico. Un tempo ribollente di cambiamenti, quindi, in cui recupero dello spirito tradizionale e spinta rinnovatrice si proponevano ancora mescolate nel lavoro di musicisti più consapevoli e tecnicamente più preparati rispetto alla generazione che li aveva preceduti.

Juan Carlos Cobian

La personalità di Juan Carlos Cobián si differenzia plasticamente da quella di altri eminenti esponenti della generazione degli anni '10 come Arolas, Canaro o Bardi. Se da un lato costoro andarono conservando il temperamento ed i timbri del vecchio tango criollo, rinnovando nel suono e nella strumentazione il tradizionale approccio ritmicamente marcato e melodicamente semplice delle periferie urbane intrise di suggestioni milonghere, dall'altro Cobián innestò nella musica tanghera un'ispirazione di chiara origine europea. Fin dalle sue prime composizioni - databili nel 1915 - le caratteristiche del suo stile furono
[...] da un punto di vista formale, l'attrazione della romanza francese; dal punto di vista del temperamento, il suo infallibile istinto per la bellezza musicale; spiritualmente, la ricchezza della sua inventiva. (Horacio Ferrer)
Non casualmente i primi frutti della tendenza evoluzionista, incarnata a pieno dal pianista e da un altro grande musicista come Enrique Delfino, furono le due correnti compositive denominate tango romanza (solo strumentale) e tango cancion. Il tratto caratteristico di questa maniera di far musica sta nell'attenzione ad un melodismo di grande qualità, a ben ragione considerato apripista per l'opera di Julio De Caro e suo fratello Francisco, e poi di Pedro Laurenz, Lucio Demare, Alfredo Malerba, Anibal Troilo, solo per nominare alcuni nomi di prima grandezza. La trasposizione della tradizione della romanza europea nel cosiddetto tango romanza è così definita da Luis Adolfo Sierra.
È musicalmente ricco, altamente estetico, sentimentale, sempre incline ad esprimere pensieri romantici. Il tango romanza è elegantemente ed emotivamente melodico, pur rimanendo nell'ambito della concezione stilistica noto come melodia armonizzata. [...] Se ad esempio si canticchiasse la nuda melodia di Flores negras, senza alcun complemento armonico [...] il risultato non sarebbe certo il bell'esempio di tipico tango romanza composto da Francisco De Caro. E questo perché è strutturato dentro la creatività della 'melodia armonizzata', la costantemente presente interdipendenza tra la parte melodica e la componente armonica, il che è la caratteristica distintiva del tango romanza.
Orquesta Juan Carlos Cobián
Questa naturale tendenza verso soluzioni espressivamente più raffinate trasse sicuramente linfa da un'educazione giovanile dove il teatro di stampo europeo (romanza francese in primis) rappresentò un'abitudine familiare, e soprattutto da un talento pianistico eccezionale che Cobián potè coltivare fin dagli anni più verdi prima con validi maestri, e quindi presso il Conservatorio Williams di Bahia Blanca.

A cominciare dal 1917, quindi, grazie alla sua Salomè ed alla contemporanea Sans Souci di Enrique Delfino, si parlò di una svolta d'avanguardia nel tango, che vede in questi musicisti gli iniziatori di un nuovo trattamento armonico destinato a grande fortuna. Il contributo di Cobián sta anche nella formalizzazione delle due varietà in cui il tango melodico si andò realizzando, quello strumentale (tango romanza) e quello cantato (tango cancion). Per quel che riguarda quest'ultima, non si può omettere la stretta collaborazione con il poeta Enrique Cadicamo grazie alla quale il tango si arricchì di veri e propri classici, come Niebla del Riachuelo e Nostalgias.

Niebla del Riachelo, Orquesta Osvaldo Fresedo, canta Roberto Ray, 1937


Cobián negli anni '40
Oltre al versante della composizione, cui è per lo più legata la notarietà del pianista, la spinta rinnovatrice di Cobián si espresse anche in ambito esecutivo e strumentale. In merito al primo, il Sexteto da lui guidato tra il 1921 ed il 1923 dispiegò il nuovo stile evoluzionista che in quegli anni animava anche il lavoro di Osvaldo Fresedo - con il quale Cobián collaborò e per il quale serbò una costante affinità - e che di lì a poco avrebbe conosciuto col Sexteto De Caro la sua piena affermazione. È da notare che l'Orchestra guidata da Cobián vide al violino Julio De Caro, nonché Pedro Maffia e Luis Petrucelli al bandoneon, tutti musicisti che integreranno da lì a poco proprio il Sexteto De Caro.

In ultimo - ma non per importanza - Cobián recò un nuovo ruolo per il pianoforte nell'orchestra di tango. Fin a quel momento questo strumento aveva un ruolo quasi esclusivamente ritmico, ribattendo invariabilmente  il tempo dentro lo schema accordale del brano. Un compito piuttosto anonimo, con una generalizzata assenza di lavoro armonico.
Cobián introdusse il sostanziale ruolo conduttore del pianoforte nell'orchestra: incorporò nel suo stile gli abbellimenti arpeggiati di decima per la mano sinistra e più in generale introdusse la modalità di riempire i vuoti melodici con adornos della parte bassa della tastiera. Si trattò di una rivoluzione per il ruolo del pianoforte, ovvero dell'avvio dell'accompagnamento armonizzato nel tango. Le incisioni anni '20 del suo Sexteto consentono di cogliere questa nuova modalità esecuiva, ovvero quell'emersione del pianoforte dallo sfondo della marcazione che sarà l'abbrivio del ruolo moderno di quello strumento nell'Orchestra di tango.

Ovidando, Orquesta Juan Carlos Cobián, 1923



Questa tendenza interpretativa, che fu definitivamente formalizzata e strutturata da Francisco De Caro, avrebbe influenzato l'opera dei maggiori pianisti di tango successivi, da José Maria Rizzuti ad Eduardo Pereyra, da Juan Polito ad Armando Federico, fino a Osvaldo Pugliese. La personalità di Cobián recò quindi una concezione nuova al tango, che dalle sue intuizioni assunse l'accento che ancora adesso lo rende riconoscibile. Come strumentista e come compositore si avvalse di un innato talento per liberare definitivamente la musica di Buenos Aires dai cliché del tango primitivo, introducendo la tessitura estetica che caratterizzerà la nascente tendenza evoluzionista. Le sue composizioni, dalle già citate Niebla del Riachuelo, Nostalgias a El Motivo, Pan Y Agua, La Casita de mi Viejos, Rubì, Piropos, Mi Refugio, Shusheta e tante altre, rappresentano il lascito ad oggi più evidente del suo talento.

El Aristócrata (Susheta), Orquesta Angel D'Agostino, canta Angel Vargas, 1945



Nostalgias, Orquesta Florido Sassone, 1971




Da Los Dopados a Los Mareados


Los Mareados è uno dei brani più conosciuti ed interpretati della storia del tango. A partire dalla riscoperta che ne fece Anibal Troilo all'inizio degli anni '40 le incisioni e gli arrangiamenti si sono susseguiti senza soluzione di continuità fino ad oggi, tanto da rendere questo tango un passaggio quasi inevitabile per il repertorio della maggior parte degli interpreti.
Tuttavia la storia de Los Mareados è stata piuttosto tormentata, iniziando nel 1922 con un titolo ed un testo differenti da quelli attuali. Originariamente si chiamò Los Dopados, e fu utilizzato per un'opera teatrale di Raul Doblas e Alberto Weisbach presentata presso il Teatro Porteno di Buenos Aires il 4 maggio di quell'anno. L'opera mutuò il nome proprio dal brano in questione. La composizione pare girasse per la testa di Juan Carlo Cobián fin dal 1915, ed ebbe quindi il suo debutto nel 1922, occasione nella quale gli stessi autori dell'opera teatrale Doblas e Weisbach vi aggiunsero il testo.
Los Dopados fu inciso dallo stesso Cobián all'inizio del 1924, per la voce di Roberto Diaz, il violino di Agelisao Ferrazano ed il pianoforte dell'autore. In realtà Osvaldo Fresedo aveva già registrato una versione strumentale del brano nel 1922, pochi giorni dopo il debutto teatrale di cui si è detto. Questa incisione, seppure di qualità sonora piuttosto mediocre, è un raro documento storico che lascia trasparire per la primissima volta il valore del brano.

Los Dopados, Sexteto Osvaldo Fresedo, 20 maggio 1922



Tuttavia dopo questi primi passi d'esordio il tango venne dimenticato per circa un ventennio. Fu lo stesso Cadicamo a raccontarne la riscoperta ad opera di Troilo, nel 1942.
Un giorno Troilo venne a trovarmi entusiasmato per una vecchia incisione dell'Orquesta di Osvaldo Fresedo del tango di Cobián Los Dopados. Era solo strumentale, e mi sollecitò affinchè vi adattassi dei versi, poichè aveva urgenza di eseguirlo con un testo. Io gli spiegai che non mi pareva corretto farlo senza l'autorizzazione di Cobián, che in quel periodo era all'estero. Insistette affinchè esaudissi il suo desiderio, aggiungendo che quando Cobián sarebbe tornato a Buenos Aires avrebbe trovato un successo. Mi convinse, ed ascoltammo il disco molte volte. Facendo affidamento sull'amicizia che mi legava a Cobián mi decisi a scriverne il testo, cambiandone il titolo in Los Mareados. Troilo vi realizzò un arrangiamento magnifico, ottenendone un acclamato successo.
Come si evince dalle parole di Cadicamo, sia Troilo che il poeta dovevano ignorare l'esistenza del vecchio testo di Doblas e Weisbach del 1922. A differenza di quella vecchia versione, dove la prima parte era intesa come introduzione solo strumentale al testo, i nuovi versi di Cadicamo si stendono su tutte e tre le parti del brano di Cobián. A tal riguardo corre l'occasione di notare la struttura del brano, sviluppata in tre sezioni melodiche: una scelta inconsueta rispetto alle abitudini compositive degli anni '20, tipicamente incardinate su i tanghi di due parti soltanto.
Mentre Troilo riportava in piena luce la sua eccezionale composizione, Cobián si trovava in Messico. Vi era giunto dopo aver abbandonato gli Stati Uniti allo scopo di non essere coinvolto nella Seconda Guerra Modiale. La vita dell'aristocata del tango, come era chiamato per il suo stile musicale raffinato ma anche per la sua presenza distinta, fu non di rado punteggiata da cambi di traiettoria professionale e da lunghi viaggi, spinta com'era da uno spirito inquieto che più volte aveva indotto il musicista ad interrompere la sua carriera in patria, all'apice del successo, per abbracciare progetti diversi. Quando nel 1923 fece il suo primo viaggio negli Stati Uniti, ad esempio, abbandonò piuttosto repentinamente la sua acclamata Orquesta Tipica, un complesso che contava sui componenti più significativi di quello che di lì a poco si sarebbe chiamato Sexteto Julio De Caro.
Il peregrinare di Cobián non ebbe per la verità grande fortuna, se è vero che mentre Los Dopados / Los Mareadaos arrivava di nuovo al successo in Argentina, il suo autore non disponeva del denaro necessario per fare ritorno a Buenos Aires. Fu Cadicamo che, nel comunicargli l'immediato successo del suo vecchio brano, pagò il ritorno in patria che il pianista non poteva permettersi. Negli anni immediatamente a seguire Cobián autorizzò l'adattamento di nuovi testi di Cadicamo ad altre sue vecchie composizioni, tra cui A Pan y Agua, Pico de Oro e Susheta, portati in seguito al successo in queste nuove versioni da importanti orchestre. Los Mareados fu eseguito nello stesso 1942 dall'Orquesta di Anibal Troilo al cabaret Tibidado e quindi inciso per la Víctor, sempre con Francisco Fiorentino alla voce. Curiosamente è da notare come, a fronte dell'insistenza con cui aveva reclamato un testo per il brano, Pichuco decise alfine di utilizzarne solo un frammento piuttosto breve nella seconda parte del tango.
Enrique Cadicamo
Rara.. como encendida, te hallé bebiendo linda y fatal... Bebías y en el fragor del champán, loca, reías por no llorar... Pena Me dio encontrarte pues al mirarte yo vi brillar tus ojos con un eléctrico ardor, tus bellos ojos que tanto adoré... [...]
Los Mareados, Orquesta Anibal Troilo, canta Francisco Fiorentino, 1942

La versione di Troilo è come consuetudine ricca di movimento e di espressione. Nella prima parte le tre sezioni melodiche in cui si compone Los Mareados vengono esposte solo strumentalmente, su un ritmo riccamente sostenuto dalla trama sicura e swing del bandoneon e del pianoforte di Orlando Goni, il cui tocco sicuro ed elegante spicca quasi a solo nell'introdurre la terza preziosissima melodia del brano. La voce di Fiorentino accompagna la riproposizione della prima sezione con la partecipazione non comune al senso del brano che caratterizzò costantemente il suo sodalizio con Troilo. La chiusura del brano è affidata alla ripresa della terza parte, stavolta introdotta da una delicata e dolente sezione d'archi su cui Pichuco ricama prima il sussurro e poi l'accento ben marcato del suo celebre bandoneon. La riconosciuta capacità di Troilo nell'esplicitare le intenzioni sentimentalmente più forti dei brani interpretati esalta il pregevole ed elegante lavoro di Cobián, designandolo come uno dei massimi classici del tango. L'anno successivo alla riedizione di Troilo la dittatura militare impose una vistosa censura radiofonica, che colpì particolarmente i tanghi con testo in lunfardo e quelli considerati amorali e sconvenienti per lo Stato. Los Mareados, che fin dal titolo richiama l'ubriachezza, fu fortemente indiziato dal regime di esaltare valori degenerati. Cadicamo dovette scrivere malvolentieri un altro testo ed il brano fu  rinominato in En mi Pasado. A vent'anni dalla sua composizonoe il tango di Cobián ebbe quindi il suo terzo titolo ed il suo terzo testo differente. Questa ultima versione ebbe all'attivo una sola registrazione cantata da Andrés Falgás. Los Mareados risorse come tale a partire dal 1949, quando una delegazione di scrittori e musicisti ottenne dal Generale Perón l'ammorbidimento della censura sulle loro opere. Nell'anno dopo Miguel Calò ne incise una buona versione con la voce di Ricardo Blanco, così come fece Osmar Maderna nel 1951 e poi Alberto Podestà e Roberto Grela nel 1953: le prime di oltre un centinaio di incisioni realizzate, alcune più riuscite altre meno.

Los Mareados, Orquesta Miguel Calò, canta Ricardo Blanco, 1950


Diverse sono anche le interpretazioni solo strumentali, alcune addirittura affrontate a solo da alcuni musicisti, come Roberto Grela con la sua chitarra o Lucio Demare al pianoforte. L'ascolto  in questa veste scarna è piuttosto interessante, emergendo alcune sfumature melodiche della creazione di Cobián.

Los Mareados, Roberto Grela, 1964


Los Mareados, Lucio Demare, 1957


Los Mareados di Osvaldo Pugliese

Vi è infine un'interpretazione eccezionale, quella che Osvaldo Pugliese realizzò nel 1977 e che ripropose dal vivo fino alle sue ultime apparizioni. Oltre ad essere una delle tante perle esecutive ed un esempio preclaro del celebre stile della sua Orquesta, quest'arrangiamento ha la formidabile capacità di esaltare le qualità melodiche più profonde de Los Mareados, rendendo esplicite le sottigliezze espressive e la portata emotiva del tango di Cobián che in altri arrangiamenti sfuggono o che sono al più sottointese. D'altra parte pare pacifico rilevare come Los Mareados appartenga a quell'insieme non amplissimo di tanghi che non temono l'usura che le tante reinterpretazioni tendono a accentuare. Anche in questa prova del Maestro vi è 'molto Pugliese', con tutta la sua capacità di 'ricreare' i brani interpretati grazie ad un'inventiva, una sensibilità e quindi un arrangiamento con pochi paragoni possibili. Tuttavia le strutture melodiche originarie emergono in piena luce, rispettosamente preservate ed anzi esaltate dalla nuova armonizzazione. Los Mareados rivela così una freschezza non comune nell'incontrare il gusto di tangheri e musicofili di tre o quattro generazioni successive all'epoca in cui fu composto. L'interpretazione si apre distendendo le prime due linee melodiche, marcatamente sottolineate dalla caratteristica accentuazione yumbeada di Pugliese; il sapiente dosaggio dei pianissimo, dei rallentando e delle improvvise riprese si articolano sulla trama dei contrappunti, dispiegando il tango di Cobián in uno scenario fortemente drammatico ed insieme assai elegante.
Quando il pianoforte di Pugliese traghetta l'Orchestra alla terza parte del brano, disegnandone la linea a solo, è per rimanervi fino al termine. Questa scelta di arrangiamento si rivela davvero molto felice: per i restanti due terzi dell'esecuzione i musicisti ripropongono la stessa terza parte, dispiegando in ogni direzione la linea melodica forse più affascinante dell'opera di Cobián. Attraverso preziosi filtri armonici ed espedienti ritmici Pugliese ottiene l'effetto di squadernarne tutta la carica emotiva, passando mirabilmente dal tono intimista alla forza della sua marcazione arrastrada. Il fraseggio è suscitato e sostenuto ora dal pianoforte, ora dal primo violino; infine, è il singulto di bandeonon solo a dettare il passaggio all'ultima riproposizione melodica, potente e dolente chiusura di un'esecuzione capace di trasmettere commozione all'ascoltatore.
Ecco l'esecuzione che Osvaldo Pugliese guidò ad Amsterdam nel 1989, nell'ambito del leggendario concerto durante il quale si esibì con Astor Piazzolla.

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Sebastian Piana rinnovatore della Milonga

Nell'albero genealogico della musica portena è uso porre la milonga tra gli antenati più prossimi del tango. Seppure ciò sia indubitabilmente vero, non pare inutile circostanziare alcuni fatti storici che hanno definito il genere musicale che a tutt'oggi gli appassionati di tango, ed i ballerini in particolare, fanno coincidere con il termine milonga. A onor del vero, infatti, il rapporto che lega quest'ultima con l'interezza della musica del tango presenta una maggiore complessità rispetto a quanto a volte si è portati a pensare, e questo a partire dal composito insieme di circostanze storiche, rielaborazioni culturali e tradizioni musicali da cui la milonga è emersa.
A conforto di questo quadro articolato si aggiunga che la milonga espone una tradizione ed un suono specifici, che hanno continuato ad esistere durante l'evolversi strumentale ed espressivo del tango.Come per quasi tutte le tematiche legate al tango, anche riguardo alla collocazione della milonga nell'ambito della cultura popolare agentina gli studiosi si sono prodotti in una vasta gamma di sfumature, a partire da chi la ritiene poco più che una fase prototipale del tango fino a quelli che riconoscono in essa il segno delle ascendenze più importanti della musica di Buenos Aires, quelle nere.
Al netto delle differenti convinzioni e sensibilità, quel che qui interessa notare sono due tratti generali difficilmente contestabili. In primo luogo il termine milonga è stato e continua ad essere associato a più espressioni della cultura di una vasta area sudamericana, dispiegando la sua schietta radice popolare lungo un composito ventaglio musicale e di ballo. In questo senso il genere musicale che è chiamato milonga si rivela come un'accezione particolare, ancora oggi assai popolare e fortunata, di una storia più antica e più vasta. Accanto a ciò vale la pena sottolineare come la milonga possegga una sua dignità di genere, cioè una sua specifica tradizione che, come dimostra l'ancora attuale vitalità, è proseguita parallelamente alla storia del tango, seppure attraverso forme diverse ed importanti ridefinizioni.
Sebastian Piana
Pur senza addentrarsi nelle diverse teorie che riguardano le radici, la nascita e lo sviluppo di questo genere popolare, sia detto che la milonga si affermò pienamente attorno al 1870 raccogliendo e sintetizzando una buona quantità di ritmi, tradizioni e temi espressivi già esistenti, che alcuni fanno risalire addirittuira ad alcuni secoli prima. È attorno a questi anni infatti che la tradizione popolare ed autoctona della payada vira verso il ballo gli innesti ritmici in primo luogo dell'habanera e del candombe, che da tempo fluivano copiosamente da altre terre tramite il porto di Buenos Aires.
In particolare però, interessa qui annotare che ad un certo punto della sua evoluzione la milonga si distinse in due tradizioni distinte, al netto della simile impronta ritmica: quella della milonga campera e quella, successiva, della milonga ciudadana. Proprio attorno all'emergere della forma ciudadana si apprezza la figura di Sebastian Piana e della composizione Milonga Sentimental, che rappresentò un nuovo inzio per questo genere musicale.

La milonga prima della milonga

Con l'accezione milonga campera si intende un genere popolare noto fin dal principio del XIX secolo, caratterizzato dalla contaminazione con un certo numero di suggestioni musicali tra cui sicuramente la chamarrita, il choro, il candombe e l'habanera. L'approccio ritmico è sicuramente riconducibile ad ascendenze africane, ben presenti nelle tradizioni musicali peruviane, brasiliane e cubane, tra le altre. Lo stesso termine milonga pare sia dovuto alla lingua quimbunda, parlata in alcune zone del Brasile dai neri angolani lì deportati dagli schiavisti portoghesi; il suo significato di 'parola' (e, per estensione, conversare, discussione, litigio) è curiosamente legato alla natura intima di questa forma popolare. I primi cantores milongueros, infatti, furono i gauchos che nelle Pampas animavano la combattiva tradizione della payada de contrapuncto, una competizione in cui due contendenti si sfidavano improvvisando versi solitamente ottosillabi accompagnati dalle chitarre.


Questa modalità espressiva, segnata appunto da un'animata discussione, portava i payadores ad improvvisare i loro botta e risposta su un tema prestabilito per notti intere, aggregando fazioni di pubblico che non di rado scommettevano sul possibile vincitore e che altrettanto frequentemente arrivavano alle mani. Dal punto di vista musicale si tratta di una struttura molto semplice, con grande uso di note ribattute e linee melodiche simili, se non identiche, tra di loro. È abbastanza comprensibile come il termine milonga, nella sua accezione afrobrasiliana di 'discussione', sia particolarmente indicata per descrivere l'espressione musicale dei payadores.
L'approccio ritmico della più moderna milonga traspare chiaramente nella payada, come dimostra anche questa esecuzione dal vivo dei payadores uruguayani contemporanei Juan Carlos Lopez y Emanuel Gabotto.


Seppure la payada abbia continuato un suo percorso parallelo, è anche vero che quando alla fine del XIX secolo i gauchos furono indotti a spostarsi nelle periferie di Buenos Aires tutta una serie di elementi di questo genere finirono incorporati nei primi tanghi che a quell'epoca stavano vedendo la luce. Si ascolti, a titolo di esempio, la prima incisione della prima Orquesta Tipica, ovvero dedita esclusivamente ad un reportorio tanghero, che ancora nel 1911 lascia trasparire tutta la parentela con l'approccio rimico della milonga.

Rosendo, Orquesta Tipica Criolla Vincent Greco, 1911


La parola milonguero, tra l'altro, venne ad indicare proprio i gauchos che arrivavano in città, e che lì continuarono ad esibirsi anche in circhi e teatri. A loro sono legate alcune delle prime realizzazioni discografiche che in Argentina furono chiamate tango, come ha ben documentato Hector Lucci.
Non sarebbe tuttavia esaustivo definire questa espressione quale unica forma assunta dalla milonga originaria, giacchè in un territorio amplissimo come quello che va da Buenos Aires al Rio Grande do Sul in Brasile ed all'Uruguay si andarono differenziando diversi modi della milonga, determinati dalle specifiche circostanze geografiche e di costume. Le incarnazioni del genere e l'influenza ora di questo o quel ritmo fanno parlare di milonga pampeana, sureña, corralera, uruguaya, entrerriana, fronteriza e così via. Attorno a Buenos Aires, in particolare, si parlò di milonga payadora, canciòn libre, negra, cachadora e così via.
Benchè non sia agevole delineare rapidamente un catalogo di ciò che definisce ciascuna di queste incarnazioni, è possibile dire che un medesimo ritmo (dentro cui si esprimeva un comune modo di sentire e di vivere) si andò dispiengando in uno spettro di possibilità espressive singolarmente ampio. La mescolanza di ritmi africani e tradizionali danze criolle, filtrate dal transito brasiliano, uruguyano e cubano della forma musicale utilizzata, rappresentò l'espressione fedele delle vite che abitavano la vasta zona della Pampa, come ancora oggi rivelano le linee tipiche della payada de contrapuncto. In questo significato ampio, allora, milonga è lo spaccato di un modo di vivere e di guardare al mondo, che le competizioni con chitarra e le improvvisazioni su argomenti rurali e quotidiani fanno diventare musica.
In tal senso è interessante è il florilegio di derivazioni del termine raccolti da Roberto Selles.
Milonga: 1) In lingua kimbunda: parole (plurale di mulonga); per estensione discorso. 2) Genere popolare cantabile (successivamente anche utilizzato per la danza) in tempo di 2/4, con diverse velocità e ritmo, caratteristico di Buenos Aires e del resto della regione della Pampa, inclusi Uruguay e Río Grande do Sul, in Brasile. 3) Payada popolare. 4) Cantare in generale. 5) Luogo dove improvvisavano i payadores (secondo Gobello, 1975). 6) Luogo destinato al ballo. 7) Bordello (Rossi). 8) Modo di dire (¡”Siempre la misma milonga”!). 9) Confusione, riunione molto chiassosa (Rossi). 10) Groviglio(secondo Vega, 1964), imbroglio, confusione, litigio. 11) Cosa estremamente disordinata (Vega). 12) Prostituta; donna che lavora nei cabaret. 13) Di tango suonato in maniera ben marcata. 14) In Brasile a) Miracolo, magia, incantesimo (secondo Manuel Viotti, 1945; b) Rimedio, talismano (según Aníbal Mascareñas, citado en Rossi).
Atahualpa Yupanqui, Argentino Luna e José Larralde sono da ricordare tra i più noti custodi della tradizione campera in Argentina, così come Alfredo Zitarrosa in Uruguay.


Il genere folkloristico sorto e consolidatosi nella vita degli indigeni della Pampa giunse dunque a Buenos Aires sul finire del XIX secolo, a seguito della progressiva perdita delle terre a vantaggio dei proprietari aristocratici e dei numerosissimi immigrati europei. Il processo, di cui la famigerata Conquista del Desierto fu probabilmente la pagina meno nobile, costrinse un gran numero di gauchos espropriati dei loro spazi a stabilirsi nelle zone più povere di Buenos Aires ed ad adattarsi con estrema difficoltà ad un vita lontana dalle loro abitudini quasi nomadi.
Il nascente tango usufruì dell'interazione tra questi compadritos, come venivano apostrofati per il loro carattere aggressivo spesso amplificato dall'attività criminale, e la popolazione afro-argentina che abitava le periferie; l'uso della milonga, come si è detto, sopravvisse in ambiti ristretti o negli spettacoli che alcuni protoartististi del genere ebbero occasione di presentare. Non meraviglia quindi che lungo il primo trentennio del Novecento i contorni della milonga andarono sbiadendosi o perlomeno confondendosi: pur fornendo materiale musicale ed espressivo al tango, al contempo la tradizione milonguera rurale rimase emerginata dal crescente successo del nuovo genere musicale.
Bisogna ancora segnalare come lo stesso termine milonga fosse andato imprecisandosi già dalla fine dell'Ottocento, quando l'inventiva di alcuni musicisti determinò una forma distinta dagli stilemi consolidati, che non a caso venne denominata 'tango-milonga antiquo'. Per usare le parole di Carlos Vegas
La milonga non perse la forza fino al 1900; perse il nome. Sopravvivrà dopo molti anni nell'anima del tango argentino.
In sostanza, almeno fino al 1931 milonguero fu un aggettivo utilizzato in città più per indicare una modalità esecutiva del tempo musicale, caratterizzato da forte marcazione e buon ritmo, che un genere distinto.

La milonga di Sebastian Piana


L'occasione grazie alla quale la milonga acquisì nuova linfa e si conquistò un nuovo inizio è legata ad una precisa composizione del pianista Sebastian Piana. Come si vedrà in seguito, fu un'occasione piuttosto fortuita e delle cui conseguenze lo stesso autore era ignaro. A partire dalla Milonga Sentimental, infatti, si parlò di una milonga ciudadana; fu anzi proprio per distinguere le due forme di milonga che si inizò a parlare di milonga campera (o pampeana o surena) e di milonga ciudadana. Quest'ultima è precisamente quella che ancora oggi si intende semplicemente come milonga, pur trattandosi, di un sottogenere 'recente' derivato da quella tradizione assai composita e consolidata di cui si è detto.
Quando nel 1931 compose Milonga Sentimental Sebastian Piana, figlio di immigrati piemontesi, aveva all'attivo una buona esperienza pianistica nonché una certa fama come compositore di tango. Diciannovenne si era già imposto con Sobre el Pucho e poi, nel 1923, con Silbando. Di particolare rilevanza fu la sua amicizia col bandoneonísta Pedro Maffia, con cui tra l'altro fondò un'accademia di bandoneón, teoria e solfeggio. Il pianista collaborò con altri personaggi leggendari di quell'epoca, come il poeta Càtulo Castillo, con cui compose il famoso tango Viejo ciego, ma anche Carlos Gardel, che interpretò negli anni alcune delle sue composizioni.
Cátulo Castillo, Homero Manzi, Sebastián Piana e Pedro Maffia
Tuttavia è la sua collaborazione con il letrista Homero Manzi a caratterizzare il periodo che, a cominciare da Milonga Sentimental, inaugurò una nuova stagione del popolare genere musicale.
L'apertura formale e strumentale rappresentata da quel brano, e di lì a poco da tutto un ricco repertorio di cui facevano parte Milonga Triste, Milonga de los Fortines, Pena Mulata, Milonga del 900, dispiegò un modo totalmente nuovo di intendere una musicalità popolare allora un in disuso e comunque regolarmente ricondotta alla monotonia melodica e ritmica della forma campera.
Come accennato, in quegli anni la milonga originaria ed il suo stesso nome erano andati perdendosi presso i musicisti rioplatensi, ed indicavano per lo più il carattere di marcazione di tanghi dotati di particolare mordente ritmico.
Con il lavoro di Piana si avviò in qualche modo un percorso contrario: come il tango primordiale aveva assunto nerbo e soluzioni ritmiche dalla milonga, ora la milonga ne riceveva dall'esperienza strumentale e formale che il tango aveva consolidato.
Da un punto di vista ritmico la milonga articola spesso una cadenza molto prossima alla cubana habanera, sebbene in alcune sue varianti viri verso altri effetti, come ad esempio quelli percussivi del candombe. Tuttavia ciò che nella modalità campera è invariabilmente piuttosto lento, legato all'improvvisazione e poco adatto alla danza, nella milonga ciudadana si avvale di un tempo assai più serrato e di testi riconducibili a tematiche cittadine e del tutto estranee ai temi rurali. Ne deriva un timbro assai meno melanconico e monocorde rispetto alla progenitrice campestre, ed assai evidentemente mirato alle esigenze del ballo sociale di città.

Sebbene il carattere ritmico sia il medesimo, il nerbo sincopato della nuova milonga si sviluppa su otto battiti; l'accento che cade (tipicamente) sul 1°, 4°, 5° ed il 7° battito risulta, nell'ambito della classica battuta in due quarti, estremamente accattivante per musicisti e ballerini. Per essere più circostanziati, il tratto specifico della figurazione ritmica milonghera risiede in un breve appoggio sul terzo battito, un appoggio su un tratto molto debole della misura musicale, e che si trascina sul battito successivo. È la sincope peculiare della milonga, 'interna' al primo dei due quarti della battuta. In questo appoggio su un tempo debolissimo risiede forse la più evidente traccia dell'atesignana habanera, trasfigurata però in una veste ed in un mordente tutti nuovi. Seppure un pò riduttivamente, il bandoneonista Nestor Marconi non aveva tutti i torti affermando che
la milonga è una habanera eccitata
Questa caratteristica accentuazione è del molto evidente ascoltando una delle esecuzioni più celebri di Milonga Sentimental, quella dell'Orquesta di Francisco Canaro del 1933.

Milonga Sentimental, Orquesta Francisco Canaro, con Ángel Ramos ed Ernesto Famá, 1933


A partire dalla prima interpretazione di Mercedes Simone (1932) sono state numerose le versioni che hanno reso famosissimo questo brano. Tra queste, anche a titolo di documento storico, spicca la versione che Carlos Gardel incise con chitarre nel 1933.

Milonga Sentimental, Carlos Gardel, 1933


A partire da questo successo e nel giro di pochi anni, nacquero dalla penna del pianista e direttore altri brani imprescindibili per il genere. Alcuni di essi, in particolare, andarono definendo un sottogenere destinato anch'esso alla popolarità, quello della milonga candombe. In questo caso, il ritmo si fa ancora più serrato e l'accompagnamento è spesso affidato alla percussione di un tambor; tuttavia è nel suono che richiama atmosfere vicine alle radici musicali nere che questo stile si andò caratterizzando, includendo formule melodiche ed interventi vocali di più schietta ascendenza africana.
Pena Mulata, che Mercedes Simone incise nel 1932, è l'ispirato ibrido tra i due generi musicali che Piana compose ancora con testo di Manzi, e che vede nell'esecuzione dell'Orquesta di Carlos Di Sarli un classico del genere.

Pena Mulata, Orquesta Carlos Di Sarli, canta Roberto Rufino, 1941


Durante l'epoca delle grandi orchestre si contarono un buon numero di milonga candombe; un altro esempio piuttosto noto è Azabache, che Miguel Calò incise nel 1942 con Raul Beron alla voce.


Nell'ambito di questo rinnovamento cui il lavoro di Piana e Manzi attese negli anni '30, è interessante segnalare un brano formalmente distinto dalle composizioni coeve. Il genere che fino a pochi anni prima si riteneva ormai lontano e non compatibile con la musica cittadina tornò alla sua forma originaria con Milonga Triste, del 1936. Ascoltando questo brano è facile smentire l'opinione secondo cui la milonga sarebbe una specie di tango accelerato, e che in questa maggior velocità custodirebbe il suo tratto peculiare.
Si tratta infatti di una milonga campera, come quelle cantate dai gauchos, arricchita certo dal lavoro armonico e strumentale di Piana, ma con la lentezza e soprattutto l'evidentissima scansione degli accenti in 3 + 3 + 2 che caratterizzavano le classiche milonghe rurali.
L'allora recente milonga cittadina, veloce e brillante, quindi di gusto sicuramente più frivolo rispetto al tango, si arricchì con questo brano di radice campera di una sostanza diversa, espressa dal melanconico andamento delle vecchie milonghe vestito dalle nuove sonorità ed anche da un testo di sicuro valore poetico.
Tra le tantissime versioni di questo fortunato brano, se ne ascoltino due, ciascuna a suo modo molto peculiare. La prima è filtrata dall'inventiva di Astor Piazzolla, che la colorò, specie nella parte centrale, di uno spiccato sapore barocco.

Milonga Triste, Astor Piazzolla Quinteto, canta Hector de Rosas, 1962


La seconda è una versione solo strumentale oggi assai nota, arrangiata dall'armonicista Hugo Diaz.

Milonga Triste, Hugo Diaz, 1972


Intervista a Sebastian Piana

Scrivendo Milonga Sentimental Piana inaugurò il genere milonga come oggi viene intesa dalla maggior parte dei tangueri. Il pianista, cui si devono anche tanghi assai ispirati come Viejo Ciego e Tinta Roja, continuò a suonare ed a comporre per tutta la sua lunga vita, che si concluse nel luglio del 1994. Un mese prima della sua morte Piana rilasciò un'ultima intervista, tramite la quale è possibile precisare la singolare genesi di Milonga Sentimental, e quindi avere un'immagine viva del periodo in cui la milonga assunse le vesti tramite cui ancora oggi è conosciuta.
Oltre che per gli aneddoti ed i ricordi di prima mano sui musicisti ed in generale sull'ambiente musicale degli anni '30 che il pianista riporta, il documento si rivela un'interessante fotografia di Piana e delle sue idee sull'evoluzione del tango.
Ben consapevole del suo ruolo di rinnovatore per il genere milonga, Piana si presenta al contempo legato ad un'accezione piuttosto tradizionalista della musica bonaerense. Si veda, ad esempio, il giudizio sulla figura di Piazzolla, che Piana ritiene poco più che un furbo venditore della sua abilità. Questo, si noti, nel 1994, anno in cui era senz'altro possibile esprimersi sull'interezza della storia del tango, ormai interamente dispiegata.
Questo ritratto a tutto tondo di un'epoca e di un esponente primario della storia del tango fu pubblicata nella rivista di storia Desmemoria.


Che ricordo ha di suo padre, anche lui di nome Sebastian?
Mio padre era un barbiere, mestiere che ereditò da mio nonno. Nonostante questo gli piaceva enormemente la musica e aveva buone attitudini per essa. La sua grande inclinazione lo portò ad avvicinarsi al mandolino ed alla chitarra, strumenti con cui interpretò musica popolare, non classica. Giunse dall'Italia all'età di otto anni, all'epoca in cui il tango - genere tipico di Buenos Aires - era molto popolare. Con la sua chitarra fu un acccompagnatore di tango ideale.
Con i suoi amici, che aveavano studiato altri strumenti (violino e flauto) suonò il tango in case private. Nel corso degli anni mio padre studiò il pianoforte ed imparò a leggere la musica, ciò che oggi chiamiamo solfeggio. In quegli anni era diventato più semplice comprare un pianoforte. Formò un quartetto composto da pianoforte, flauto, violino e bandoneon che si esibì in buona musica popolare (tanghi e valzer) nei caffè e sale da ballo.

Condivide il punto di vista dei fratelli Bates secondo cui il tango (nel suo costituirsi come genere musicale) attinse elementi dal Candombé, dall'Habanera e dalla Milonga?
Certamente. La Habanera fu quasi la madre di tango. Per parte sua la Milonga apparteneva al campo che ora viene chiamato folclore. La Milonga giunse in città in un secondo momento, ma non era ancora la milonga di cui sono stato l'iniziatore: era una milonga campestre, cantata dai gauchos, da quella gente di campagna che, a volte, improvvisava...

Era la milonga che cantavano Gardel e Razzano?
José Razzano e Carlos Gardel
Era una milonga campera, che anche il duo Gardel-Razzano interpretò. La coltivarono i payadores argentini e uruguayani, dotati di talento per l'improvvisazione: erano poeti naturali che, tra di loro, rivaleggiavano in ritmo di milonga. Non è sorprendente che l'habanera, ritmo spagnolo molto noto a Cuba, si sia mescolata con la musica nera ed abbia sfruttato le percussioni del candombe. Da qui si diffuse in America. Tutto ciò diede origine alla musica del tango in Argentina. Ma la parola è spagnola. Il tanguillo è danza spagnola.

Originariamente la milonga era musica per strumenti a corda; le percussioni furono aggiunte a Cuba?
Presumo di si. I neri, che hanno grande intuizione e senso del ritmo, fecero "loro" l'Habanera. A quanto apre ciò si diffuse poi in tutta l'America. Sarebbe l'origine del ritmo del tango primitivo.

Possiamo parlare di una "rivoluzione Piana" in milonga?
È semplicemente il passaggio da una milonga - peculiare soltanto del sud e della Pampa, non ballata o ballata solo privatamente, ed eseguita esclusivamente da gauchos e payadores - alla milonga porteña, che si deve a Maffia e a me. Melodicamente erano simili.
Il rinnovamento, cioè la milonga cittadina e suburbana, fu dovuto ad una richiesta che Rosita Quiroga fece ad Homero Manzi.
Le avevamo portato un tango da cantare. Tuttavia, lei chiese una milonga. Sorpreso, Manzi mi disse "Rosita mi ha chiesto una milonga". Io gli risposi: "Ma se le milonghe sono quasi tutte uguali, poichè si improvvisano..." "Guarda Sebastian, non ne capisco niente di milonghe" disse Manzi. Così dissi a Homero di chiamarmi dopo due giorni, per verificare se fossi riuscito a combinare qualcosa.

Durante questo tempo mi girò per la testa una nuova milonga. Ne conoscevo il ritmo poichè precedentemente ne avevo scritto una affinchè José González Castillo (padre di Catullo Castillo) vi adattasse un testo. Avevo bisogno di fare milonghe diverse, che mantenessero la semplicità del ritmo, ma con una forma musicale definita, come se fossero tangos canción, ma senza perdere l'essenza della milonga.
Quando Manzi mi chiamò, dopo soli due giorni, avevo già finito Milonga sentimental, alla cui musica avevo lavorato una mezz'ora (la milonga per González Castillo mi aveva impegnato un giorno). Non era la milonga eterna, quella improvvisata dai payadores...
Poichè Manzi, un poeta magnifico, mi aveva detto che non capiva nulla di milonghe, pensai tra me e me "Riuscirà a capire la mia?". La capì. Venne a casa mia un lunedì, prese la musica e la mattina dopo aveva già scritto il testo.
Con la letra la musica cominciò a piacermi di più. Fino a quel momento ero più soddisfatto di quanto fatto per Gonzalez Castillo. Così è nata Milonga sentimental. Era la mia seconda milonga, che si rivelò essere la prima milonga porteña conosciuta.

Il padre di Catullo ha alfine fatto aggiungere il testo alla sua prima milonga?
No, no. Sembra che si sia dimenticato (ride). Era un grande amico mio e di mio padre.

Che impatto ha avuto la milonga nella Buenos Aires degli anni '30?
Da principio non grande, poiché era inedita. Mi ricordo che iniziai a suonare Milonga sentimental su un pianoforte di Radio Casa de América, più per me solo che per altro. Passò uno speaker e mi chiese: "Che suona, maestro?" "Si tratta di una milonga", risposi. "Che bella! Perché non darla a Mercedes Simone?", continuò.Gli risposi: "So che è un grande cantante, ma non la conosco personalmente." "Lei lavora qui", disse il brav'uomo della radio. "Venga che gliela presento".
Mercedes Simone
E me la presentò. Mercedes Simone, molto cordiale, mi ascoltò con attenzione. La versione della nostra milonga la intrigava.
"Parto domani per Montevideo per lavorare al teatro Solis. Ascolterò la sua musica. Se mi piace, vedremo di eseguirla. Vediamoci tra un mese. "
Trascorso tale termine la sorpresa fu enorme. La talentuosa cantante mi disse: "L'ho già provata. Quando lo spettacolo è finito Fernan Silva Valdés è venuto nel mio camerino". Mercedes Simone disse che conosceva me, ma non Homero Manzi, autore del testo. "Quando tornerà a Buenos Aires - aveva detto Silva Valdés alla cantante - le dica queste parole esatte: dica a Piana che per me lui è la milonga stessa". Ripeto, sono le parole esatte di Silva Valdés a Mercedes Simone.
Per me è un ricordo incancellabile. Ho scritto al poeta per ringraziarlo delle sue parole d'incoraggiamento e, sull'onda del suo entusiasmo, per proporgli di scrivere un testo che io poi avrei musicato (ricordavo Clavel del Aire, tema che Silva aveva scritto con Filiberto). Mi inviò le liriche; io, per parte mia, gli spedì la musica affinchè promuovesse il nostro sentire comune a Montevideo grazie al suo prestigio.

Poi fu Mercedes Simone a far uscire "Milonga sentimental". E Rosita Quiroga?
Non se ne fece nulla con la cara Rosita. Manzi alla fine le aveva portato il brano, ma a quanto pare non lo capì bene. Rosita cantava un altro tipo di milonghe.

Milonga Sentimental, Mercedes Simone, 1932


Quando suonò nell'orchestra di Pedro Maffia ? Avvenne successivamente. È stato dopo la prima esecuzione della milonga a Montevideo. In seguito fu registrata a Buenos Aires, come unico rappresentante di un nuovo genere, un'evoluzione a partire dalla precedente milonga.

Come proseguì la storia di "Milonga sentimental"?
Una volta un attore, Max Orsi, che lavorava in una compagnia di rivista diretta dal maestro Arturo De Bassi, mi chiese di comporre la musica per una delle sue canzoni popolari. Come parte del suo cast, avrebbe chiesto a Bassi di eseguirla. Tempo dopo il direttore mi chiamò e mi disse: "Guardi Piana, sarò onesto: la musica mi è piaciuta, ma non il testo di Orsi". Poichè avevo già avuto alcuni tanghi di successo (Sobre el Pucho, Silbando) Di Bassi mi chiese qualcosa di diverso, che avrebbe soppiantato ciò che era stato fatto dal suddetto attore. Gli introdussi Milonga sentimental.
Al famoso direttore l'idea piacque. A questo proposito, rispose: "Sto preparando una breve scena teatrale, con due ragazze e due compadritos. Tra di loro si contrasteranno con la musica e il testo della milonga. Quando ci sposteremo dal Teatro Chantecler al Teatro Casino la eseguiremo nella nuova rivista".
Durante il mese in cui la rivista restò in cartellone la milonga ebbe molto successo. Inoltre, cominciò ad essere nota grazie alla registrazione di Mercedes ed alle recensioni della rivista che vennero pubblicate su diversi giornali. Fu un grande piacere anche per Manzi.

Homero Manzi sentiva più la poesia o la politica?
Homero Manzi
Entrambe le cose. Ai tempi in cui lo conobbi apparteneva al Partito Radicale ed era molto impegnato in politica. Aveva 18 anni e studiava alla Facoltà di Giurisprudenza. Da lì lo espulsero in ragione della sua militanza politica: non terminò i suoi studi di avvocato. Era un politico, ma con la sensibilità del poeta. Diceva sempre: "Farò liriche per i politici ma anche liriche per gli uomini". Era molto intelligente ed aveva un eloquio molto fiorito. Quando cominciai a frequentarlo non esisteva ancora la F.O.R.G.E. (Fuerza de Orientacion para la Joven Argentina). Di quel gruppo conobbi Jauretche e Dellepiane.

Che la diffusione ebbe la milonga nel corso degli anni?
La milonga non ebbe grande diffusione finchè non contattarono mio cognato, Pedro Maffia, per fare un grande spettacolo al vecchio e ormai scomparso Teatro San Martin sulla Corriente Esmeralda. La Voz del Aire, una radio di allora, organizzava un grande spettacolo sia dal vivo che per i suoi ascolatori. Vi partecipavano le orchestre di Maffia e di Edgardo Donato. Tra gli altri interpreti apparve anche l'attore Roberto Airaldi. Pedro aveva formato un'orchestra speciale (con una grande strumentazione) per quello spettacolo, con Rosita Montemar come cantante.
Eseguì Milonga sentimental e da lì in poi il genere ha cominciato ad attirare l'attenzione del pubblico. Da questo momento tutto divenne tango, canciones criollas. Manzi, a quel tempo, aveva dimenticato le milonghe. Era tornato nella sua città natale, Santiago del Estero, per sposarsi. Un giorno venne e mi disse: "Hey, cosa è successo!  Anche questo è Argentina, dunque continuiamo con questo genere". Io avevo già la partitura di Milonga del 900. Manzi gli diede le parole. La eseguì niente meno che Azucena Maizani. Un pò dopo la milonga giunse nelle sale da ballo.


Contemporaneamente si dedicava al tango. Quando è stato creato "Tinta Roja"?
Negli anni '40. Tra i 500 pezzi del mio repertorio è uno dei più eseguiti. Originariamente Tinta Roja era un brano strumentale. Poichè avevo bisogno di denaro per comprare un regalo a mia moglie andai da un editore amico con la musica solo in testa. Dopo averla suonata chiesi $150 come anticipo sulle future edizioni, rimanendo intesi che avrei portato il brano concluso il giorno appresso. In effetti non avevo ancora nulla di composto, ma fortunatamente la musica fu terminata in tempo.
Non mi rimaneva che aggiungere il testo. All'editore piacque, e consigliò "Visto che mancano le parole, perchè non va da Cátulo? Può darsi che gliele scriva lui". Cátulo Castillo, che era anche un musicista, concluse le liriche il giorno successivo. "Sebastian, l'ho chiamato Tinta Roja" mi disse. Il tango nacque così, e qualche tempo dopo fu interpretato da Aníbal Troilo.

Tinta Roja, Anibal Troilo, canta Francisco Fiorentino, 1941


Cátulo Castillo
Qual'è il ricordo più vivo della sua collaborazione con Cátulo Castillo?
Conoscevo Cátulo  fin da bambino, tramite suo padre, mentre lui sapeva che avevamo vinto un premio con il tango Sobre el pucho. Imparò a suonare il piano e come paroliere realizzò un un tango chiamato Caminito del taller.
Un giorno venne a casa mia e mi disse: "Guarda, ho scritto la prima parte di un tango; se ti piace, scrivine la seconda. Possiamo farlo debuttare con Azucena Maizani, che sta lavorando al Teatro San Martino sotto la direzione di mio padre". Risposi che mi sembrava una buona idea e terminai la musica in giornata.
Quando lo rividi mi disse: "Se chiedessimo le parole al vecchio (si riferiva a José González Castillo) la Maizani la potrebbe cantare". Silbando nacque così.
Gardel la cantò qualche anno dopo.

Ha avuto rapporti con Gardel ?
Sì. In primo luogo, perché il padre di Cátulo era un intimo amico di Gardel: incise Sobre el pucho che, più tardi, incise anche el Zorzal Criollo. Tuttavia, ho avuto occasione di parlargli quando lavorammo nello stesso cinema. Poi, una volta lo salutai e gli dissi che ero l'autore della musica di Sobre el pucho. Cátulo compose un tango, con testo di suo padre, chiamato El circo se va; allora don José mi disse:" Piana mi faccia una cortesia, domenica mattina Gardel proverà nella sua casa di Avenida Corrientes. Mi piacerebbe che lei andasse lì, e le facesse sentire il nostro brano".
Carlo Gardel e Ignacio Corsini
Così andai, quella domenica alle dieci del mattino. Mi accolse Isabel Del Valle, una bella donna che viveva con lui. Entrai dove si trovavano i musicisti e Gardel disse loro: "Fate attenzione, il maestro Piana suonerà affinchè la melodia si soffermi nelle vostre orecchie". Questa fu l'occasione in cui gli fui più vicino. Tuttavia proprio quel giorno era rauco.

Gardel era molto popolare in quel momento?
Sì, aveva già registrato un sacco. Ma ci fu un periodo di relativo appannamento. Fu quando si recò in Spagna e poi in Francia. Quando arrivò in Spagna nessuno sapeva nulla di lui, se non che avrebbe cantato. Prima, era stato lì un cantante argentino di nome Francisco Spaventa; aveva avuto molto successo in Francia e, successivamente, negli Stati Uniti, dovè girò dei film.

Come era la vita di un compositore di tango negli anni '30 e '40?
Bisognava andare in giro per le orchestre con le nostre composizioni; preferivano registrare pezzi loro, in uno stile più classico.

Chi ha rivoluzionato il suono dell'orchestra tango?
Ci sono state tre grandi orchestre: Roberto Firpo, per quanto riguarda il tango di ieri; e poi quelle di Francisco Canaro e Osvaldo Fresedo. Senza dimenticare quelle di Julio de Caro e Pedro Maffia .
In quegli anni, il tango si stava evolvendo secondo stili differenti. Anche il Quinteto Ases Pebeco, cui mi unii, fu altrettanto importante: vi suonavano i quattro più grandi banodeonisti del momento, Ciriaco Ortiz, Pedro Maffia, Pedro Laurenz e Carlos Marcucci. Il tango strumentale cominciò a  diventare di nuovo popolare nel 1934, quando l'orchestra di Maffia ha debuttato presso il Teatro San Martín.

Sebastián Piana, Ciríaco Ortiz, Pedro Maffia, Carlos Marcucci e Pedro Laurenz (los Cinco Ases Pebeco)
Quali furono i suoi più grandi successi negli anni '40?
Beh, la mia popolarità cominciò prima degli anni '40. Come ho detto, ho cominciato ad essere conosciuto quando Mercedes Simone ha cantato la Milonga sentiniental. Successivamente mi chiese di accompagnarla al pianoforte. Più tardi, ho composto con Homero Manzi  la Milonga del 900. Un altro tango di successo è stato El pescante, che Canaro eseguì per primo in occasione di un concorso. Conseguì il secondo premio. Poi realizzammo la milonga Juan Manuel; la Milonga de Puente Alsina fu cantata da Mercedes Simone con grande successo. Pena mulata fu un'altra milonga di successo, ma con una stile candombe. Con lo stesso ritmo composi Papá Baltasar, sempre con testo di Manzi.
I vals che ho scritto erano Esquinas porteñas, che fu cantato da Ignacio Corsini e Caserón de tejas, che ebbe un'interpretazione molto buona, anni dopo, di María Graña.

 Quali erano i suoi cantanti preferiti?
A quel tempo c'erano due cantanti straordinari:  Carlos Gardel e Ignacio Corsini. Entrambi avevano una propria personalità. Molti hanno imitato Gardel. Mi piaceva anche Charlo, che era anche un musicista. L'ho conosciuto molto tempo prima che si sposasse con  Sabina Olmos.

È stato chiamato a lavorare nel cinema con la sua musica?
Accompagnavo Mercedes Simone quando lei fu assunta dalla compagnia teatrale Paz in uno dei loro film. Lei chiese se il produttore avesse già deciso il musicista del film e la società le disse di no. Mercedes disse che la accompagnavo nei suoi spettacoli e che avrei dovuto incontrarli.
Avevo già scritto la musica per Sombras porteñas di Daniel Tinayre. Lavorai anche per la compagnia di Max Glücksmann, che avviò venti cinema a Buenos Aires; prima ho suonato in una sala di Palermo, poi al Cinema Palace ed infine all'Electric. Qui ho suonato musica classica durante la proiezione di film, arrangiamenti di opere ed ouverture. A quel tempo avevo quindici anni.

Sebastian Piana y su Orquesta Tipica Candombe, 1940-1944
Come ha iniziato a studiare musica?
Ho iniziato a studiare teoria musicale ad otto anni con un violinista che era molto nervoso. Era un buon musicista ma non sapeva insegnare. Mi spiegava tutto molto rapidamente. Un giorno disse a mio padre: "Guardi, faccia studiare qualcos'altro a suo figlio, 'chè la musica non va bene".
Il maestro di mio padre gli raccomandò di farmi studiare il pianoforte, così avrei avuto un futuro assicurato, e così iniziai con Eduardo Antonio D'Agostino, un grande maestro e pianista. In sei mesi cambiai totalmente. Merito della nuova scuola.

In che anno si iscrisse all'Accademia di lunfardo Porteña?
Nel 1963, un anno dopo la sua fondazione. Alla proposta di Jose Gobello, gli dissi che non era uno scrittore, e quindi che non avrei potuto aderire. E lui disse che volevano inserire un musicista. Per lungo tempo rimasi l'unico compositore ammesso all'accademia, prima dell'ingresso di Martin Darre, arrangiatore di Mariano Mores.

Roberto Firpo
Durante l'epoca d'oro del tango, un musicista poteva vivere bene?
Le uniche persone che potevano vivere bene, lavorando duro, sono stati i primi compositori: Firpo, Canaro e Fresedo. Ma non era così per musicisti come me, che non avevano orchestra. Ho continuato a guadagnarmi da vivere insegnando musica. Precedentemente avevo lavorato suonando nei cinema, fino all'arrivo del sonoro. E i diritti d'autore non sono mai bastati per sopravvivere.

 Ha avuto modo di conoscere Borges?
Sì. Ho lavorato con lui a due brani: Milonga del muerto, che fu eseguito da Eduardo Falù, e Milonga del infiel. È venuto a casa mia due volte. La prima di queste milongas si intitolava del Soldato e le autorità militari ne vietarono la diffusione.

Ha mai avuto problemi con i militari?
Il periodo di Onganía fu pessimo per gli artisti, poichè furono eliminati tutti gli spettacoli dal vivo sia alla radio che nei teatri e cinema. Ciò ha danneggiato anche me. Ma... faremmo meglio a dimenticare.

Si dice che Astor Piazzolla sia stato il grande innovatore della musica di Buenos Aires. Qual è la sua opinione in merito?
Non ha innovato nulla. Era un musicista preparato e questo non si discute. Ma gli innovatori nel tango sono stati tre: Roberto Firpo, con il tango Alma de bohemio; poi arrivò Enrique Delfino e, più tardi, Juan Carlos Cobián, un grande pianista. Piazzolla è stato un grande interprete, ma la sua forza innovativa era più propaganda che altro. Ad ogni modo, per comporre un tango non è necessario avere un grande bagaglio tecnico: devi sentirlo. I primi musicisti di tango non avevano studiato musica, ed andarono perfezionandosi nel corso del tempo. Questo fu il caso di Eduardo Arolas, ad esempio.

Quali altri cantanti le sono piaciuti oltre a Gardel e Corsini?
Principalmente Agustín Magaldi e Ángel Vargas. Ma anche Héctor Mauré. Ma penso che Carlos Gardel sia insuperabile, non solo per la voce, ma anche per la sua personalità. Era unico, pur riconoscendo i meriti degli altri.

Che consiglio darebbe ai giovani per diffondere il tango?
I giovani in quanto tali non possono fare nulla. Chi può contribuire sono i gestori dei locali dove si balla il tango, abbassando i biglietti d'ingresso. In passato pagando un caffè si poteva sentire una buona orchestra. Radio e televisione dovrebbero tramettere di più la nostra musica. Quando ero un professore di musica alle scuole elementari insegnavo tango ai miei allievi.

Intervista realizzata il 16 giugno 1994.
Pubblicata su Desmemoria, Revista de Historia, no. 5, Buenos Aires, ottobre-dicembre 1994.
Traduzione: Tangolosi
Testo originale su TodoTango

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Appunti, riflessioni ed approfondimenti sul Tango e la sua Musica. Tutto il materiale è da intendersi a scopo didattico, e senza fini di lucro, con unico fine la diffusione della cultura del Tango Argentino.

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